Storia - Comune di Lugagnano Val di Arda

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CENNI STORICI

Il toponimo Lugagnano parrebbe collegato al gentilizio romano Lucanius, presente in un solo caso in Aemilia: per alcuni potrebbe anche essere derivato da "lucus / bosco sacro Anneianus" (un paio di "fundi Anneiani" sono testimoniati in zona nel I/II secolo d.C.), per altri da "lucus Anianus", per la presenza della tribù ligure degli Anani nel Piacentino. Ma di tutte queste ipotesi non abbiamo dati plausibili: è solo indubbia una qualche frequentazione celtico-ligure della zona prima dell'arrivo dei Romani, periodo in cui alcune sue zone fanno parte dell'ager Veleias.

Il più antico riferimento storico a Lugagnano si trova in un atto dell'884 in cui si citano beni "in ipso loco Nebiano aut in Lucanuiiano, aut in finibus Castellana".

Piazza di Lugagnano

La storia medievale è legata alle vicende di Castell'Arquato e ai Valvassori e Valvassini di feudatari Guelfi e Ghibellini che a turno dominarono questa zona della Val d'Arda in nome dell'Imperatore, del Papa o del Comune di Piacenza.

La storia recente vede nel 1743 la cessione del territorio piacentino al Regno di Sardegna alleato di Maria Teresa d'Austria. Il trattato di Aquisgrana (1748) lo restituisce al Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla. Nel 1815 il Ducato viene assegnato a Maria Luigia d'Absburgo-Lorena che, in visita nel 1816 agli scavi di Veleia, sosterà a Lugagnano − base tradizionale per chi si avventurava a cavallo verso Veleia − nel Palazzo Gandolfi, attuale sede del Municipio.

Il 17 marzo 1815 vennero aggregati a Lugagnano il comune di Macinesso e la zona degli scavi di Veleia: dal 27 luglio 1862 viene chiamata Lugagnano Val d'Arda.

 

VELEIA ROMANA

A una dozzina di chilometri a sud-est, negli ultimi secoli a.C. si sviluppò l'oppidum ligure-romano di Veleia, nel cuore dell'Appennino piacentino, su un pianoro terrazzato dell'appartata Val Chero. Un tempo capitale sinecistica dei Ligures Veleiates, dopo l'espansione e colonizzazione romana nel nord Italia divenne municipium, ricevendo la piena cittadinanza (49/42 a.C.): i suoi abitanti– un migliaio nel centro urbano, 10/20.000 nel contado collinare-montagnoso, che toccava anche parti del territorio poi spettante a Lugagnano – erano ascritti alla tribù Galeria, tipica dell'etnia ligure.

Avevano una economia tipicamente di sussistenza, dove l'agricoltura, l'allevamento di animali da cortile e capro-ovino, la suinicoltura (?), l'apicoltura, le attività silvo-pastorali, ereditate dai Liguri, costituivano le principali attività di sostentamento. Si sviluppò altresì − tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C. − una vivace attività artigianale, metallurgica in particolare (bronzi figurati), lapidea e fittile (note nella nel I secolo a.C. fornaci per la lavorazione dell'argilla e mattoni bollati).

Posta a quasi cinquecento metri s.l.m. tra Aemilia e Liguria, estesa tra Libarna (Serravalle Scrívia, AL) a ovest, Piacenza a nord, Parma a est, Lucca [?] a sud, Veleia − con un territorio ipotizzabile di 1000/1200 km² − aveva una sua valenza dal punto di vista dell'interscambio mercantile: collegata alla via Emilia da due tracciati stradali lungo le valli piacentine del Riglio (verso Piacenza) e del Chero (verso Fiorenzuola d'Arda, PC), era nodo stradale non marginale, quanto un po' misterioso e decentrato dai principali itinerari consolari, verso la Lunigiana e verso il Tirreno.

Veleia: Resti romani

Il declino di Veleia è da far risalire al periodo compreso tra la fine del III e l'inizio del IV secolo d.C.: il suo ager, che già stava subendo un vero e proprio riflusso demo-economico per decadenza delle attività agricole tradizionali, si spegneva lentamente. Il centro, sottoposto a forte degrado, per infiltrazioni idriche e mancato controllo della paleofrana, fu progressivamente abbandonato e il territorio ridistribuito tra Piacenza e Parma. Veleia non è, in effetti, registrata negli Itineraria tardo-imperiali, né mostra segni o simboli di cristianizzazione, nonostante il proselitismo rurale nell'Emilia occidentale dal IV secolo.

Veleia conosce un lungo periodo d'oblio: unico segno, l'isolata e più volte ricostruita pieve di S. Antonino, che è attestata a partire dal IX sec. su un'altura naturale sovrastante, a sud del Foro. La scoperta del sito ha inizio a seguito del ritrovamento, fatto casualmente nel 1747 a Macinesso, della "Tabula Alimentaria" traianea, una delle più grandi iscrizioni su bronzo di tutto il mondo romano, databile al 107/114 d.C. Sorta di breviarium storico-amministrativo-economico e onomastico-toponomastico dell'Appennino piacentino-parmense nella prima età imperiale, era il registro pubblico delle 51 ipoteche fondiarie 'veleiati' (alcune riferite ad attuali ambiti agricoli di Lugagnano), costituite dai proprietari terrieri partecipanti alla "istituzione alimentaria" ideata dall'imperatore Traiano (102 circa e 107/114 d.C.) per garantire un regolare sussidio alimentare a 300 pueri puellaeque indigenti liberi della zona. Spezzato e venduto a varie fonderie, ma recuperato nello stesso 1747 dal canonico piacentino Giovanni Roncovieri, il prezioso reperto venne di fatto poi sottratto ai proprietari G. Roncovieri e A. Costa e definitivamente trasferito alla corte parmense di Filippo I di Borbone (26 febbraio 1760) per deciso e abile intervento del segretario di stato Guillaume Du Tillot.

E quindi – lentamente e disordinatamente – tornava alla luce il sito antico (1760 ss.), finallora ignoto anche alla cartografia: nasceva, in parallelo, l'innovativo R. Museo d'Antichità di Parma (attuale Museo Archeologico Nazionale), luogo adeguato di conservazione ed esposizione delle antichità locali. Gli scavi, disordinati e mal-programmati, più volte abbandonati e interrotti, vennero intrapresi con metodo scientifico solo dopo la seconda metà del 1900.

Veleia è ancora oggi oggetto di studi e ricerche: e rappresenta una meta suggestiva per il turismo scolastico, archeologico e culturale, laboratorio ideale per studenti / docenti / studiosi.

 

 

 

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